Una formazione permanente

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Il ruolo dell’educatore è un ruolo in continua evoluzione, mai ci si può considerare arrivati e mai si può aver la presunzione di avere la formula giusta e infallibile per poter svolgere il proprio lavoro. La variabilità interindividuale tra le persone con cui si ha a che fare è talmente ampia che ciò che può funzionare con l’uno può diventare frustrante per l’altro. Va da se che tutto quel che abbiamo studiato per conseguire il titolo all’università, per quanto possa essere utile nel creare le nostre riflessioni, va arricchito da ulteriori strumenti sia pratici che teorici che possano incrementare le nostre proposte sia in fase di progetto sia nella pratica quotidiana. Quali strade possiamo prendere noi aspiranti educatori una volta usciti dall’università? La prima è sicuramente quella che ci porta ad acquisire delle tecniche spendibili con persone di diverse età, capacità, interessi, delle tecniche che partano dal semplice e immediato e che ci aiutino a sperimentare e creare proposte calibrate ad hoc per le persone che l’educatore accompagna nei percorsi di crescita. La seconda, strettamente legata alla prima, è quella dell’approfondimento teorico delle metodologie che ci permettano di utilizzare al meglio le tecniche e gli strumenti che stiamo via via facendo nostri. Conoscere la storia e l’evoluzione del pensiero di coloro che hanno evidenziato l’importanza delle esperienze individuali nei processi di crescita, ci fornirà sicuramente delle lenti molate ad hoc per osservare i contesti con i quali ci confrontiamo. Le due strade si incontrano in una terza che è quella strettamente legata alla cura della persona e del proprio benessere. Rimpossessarsi della propria capacità di conoscersi a partire dal proprio corpo, di riflettere su se stessi, sui propri bisogni, sul proprio operato è indispensabile per poter comprendere le esigenze di chi abbiamo davanti e offrire loro degli strumenti con cui affrontare la propria esistenza e provare del benessere. Dopo aver studiato ci si presentano tante offerte, molte sono altamente specifiche e specializzanti, ci consentirebbero probabilmente di diventare degli esperti su una determinata patologia o disturbo e sul modo di rapportarci ad esso, ma con chi avremo a che fare noi aspiranti educatori? Avremo a che fare con un “dislessico”, con un “autistico”, o avremo a che fare più semplicemente con una Persona? Chi scrive, personalmente, ritiene di aver a che fare con persone e non con “disturbi”, persone che come tutti sono portatrici di interessi e bisogni che vanno considerati al di là di ciò che la natura o il contesto sociale in cui sono vissute ha regalato loro. Chi scrive ha trovato nel percorso formativo offerto dalla federazione italiana dei CEMEA, LUDEA (mettere il link), aperto a tutti, un percorso in cui convergono tecniche, strumenti, riflessione teorica, cura della persona e del proprio benessere. Un percorso fondamentalmente autogestito e senza scadenze che offre la possibilità di scoprire un metodo di approcciarsi al lavoro e alla vita partendo dalle cose più semplici. Consigliatissimo a tutti coloro che lavorano nel campo dell’educazione.

Leandro Melis

Una formazione permanenteultima modifica: 2020-01-25T11:16:15+01:00da e-news104
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